3 Marzo 2016

Vino al metanolo: 30 anni fa lo scandalo

Un grande scandalo nel settore del vino risale a trent’anni fa, in Italia: quello del metanolo che nel marzo 1986 provocò 23 vittime con decine di persone con lesioni gravi a causa delle intossicazioni causate dalla pratica di dopare il vino, col metanolo, un alcool naturale che, aumentato dolosamente, provoca danni permanenti, portando anche alla morte. E’ quanto è emerso dal Dossier Coldiretti con la Fondazione Symbola Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità.
“Quello che è accaduto dopo nel vino italiano, rappresenta una straordinaria metafora del passaggio, ancora in corso non solo nel vino, ma in tutto il sistema produttivo italiano, da un’economia basata sulla quantità ad un’economia che punta invece su qualità e valore” ha affermato il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è altamente simbolico che i luoghi in cui nacque lo scandalo del metanolo, producano oggi vini straordinari e i loro paesaggi sono stati inseriti nei siti Unesco. Anche se molto resta da fare, dopo il metanolo, il mondo del vino e dell’agroalimentare made in Italy ha saputo infatti risollevarsi, scommettendo sulla sua identità, sui legami col territorio, sulle certificazioni d’origine”.

Era il 18 marzo 1986 quando giunse la notizia che, in seguito alle segnalazioni di alcuni casi di avvelenamento registrati a Milano, fu dato l’incarico al sostituto procuratore della Repubblica Alberto Nobili di fare luce su quello che sarebbe stato un clamoroso scandalo del settore alimentare: il vino al metanolo. A breve, le autorità italiane resero, comunque, nota la marca dei vini che avevano causato i primi casi di avvelenamento: si trattò del Barbera da tavola e bianco da tavola imbottigliato dalla ditta di Carlo e Vincenzo Odore, titolari della società in nome collettivo di Incisa Scapaccino (Asti) e venduto nei supermercati Gs, Esselunga e Coop.
Accertamenti di laboratorio, eseguiti dall’Istituto di medicina legale e dall’Ufficio provinciale di igiene e profilassi di Milano, su campioni di vino prelevato sia nei supermercati che presso la ditta produttrice, rivelarono la presenza di alcool metilico in quantità superiore a quella prevista dalla legge. Dalla Procura partirono comunicazioni giudiziarie per le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, violazione dell’art. 22, comma 2, lett. d) del D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti che fissa i limiti massimi entro i quali deve essere contenuta la quantità di alcool metilico nel vino (0,30 millilitri ogni cento millilitri nel rosso e 0,20 nei bianchi).

Le autorità sanitarie, a loro volta, diedero comunicazione che solamente con forti assunzioni di vino - più di 1 litro al giorno - si sarebbe potuti andare incontro a disturbi gravi, mentre nelle quantità normali – 1 o 2 bicchieri a pasto - non si sarebbero incontrate conseguenze rilevanti.

I segni caratteristici dell’intossicazione da alcool metilico furono:

  • perdita di coscienza fino al coma
  • disturbi visivi fino alla cecità
  • acidosi metabolica.

Il 24 marzo 1986 una nave cisterna italiana, venne sequestrata a Sète in Francia. Il carico di vino della nave cisterna italiana Kaliste fu messo sotto sequestro in quanto il vino trasportato della ditta Antonio Fusco di Mandria (Taranto) venne sospettato di contenere metanolo, come poi fu accertato con analisi più approfondite. A distanza di pochi giorni, vennero arrestati i titolari della ditta Ciravegna della provincia di Cuneo, per aver fornito vino al metanolo (Giovanni Ciravegna è poi condannato a 14 anni di carcere) mentre in Germania, nella regione del Baden Wuerttemberg, il Ministero della sanità fece sequestrare 500 bottiglie di Barbera d’Asti che presentavano - all’analisi - un contenuto di 6.7 grammi di metanolo per litro, prodotti dall’azienda vinicola Giovanni Binaco, di Castagnole Lanze in Piemonte.

A seguito dello scandalo, il Governo assunse una serie di provvedimenti d’urgenza, destinati a rendere più efficace l’azione di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari. Il 12 aprile 1986 il Ministero della Sanità emanò l’ordinanza n. 267900 Misure cautelative urgenti di tutela della salute pubblica dirette ad evitare il rischio di immissione al consumo di vini adulterati con metanolo, con la quale si vietava la distribuzione, la vendita e somministrazione dei vini prodotti o commercializzati da un elenco di aziende riportate in allegato al provvedimento e cioè le ditte inquisite per adulterazione con metanolo e le ditte i cui campioni evidenziarono all’analisi, un contenuto superiore ai limiti di legge e i cui prodotti furono soggetti a sequestro cautelativo. Venne poi emanato il D.L. 18 giugno 1986 n. 282 recante Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1986 n.462 (tuttora vigente) con la quale si istituì l’anagrafe vitivinicola su base regionale, destinata a raccogliere per ciascuna delle imprese che producevano, detenevano, elaboravano e commercializzavano uve, mosti, mosti concentrati, vini, vermouth, vini aromatizzati e prodotti derivati, i dati relativi alle rispettive attività.

Vennero potenziati, inoltre, i servizi di controllo aumentando gli organici dei NAS, gli uffici periferici delle dogane e si istituì presso l’allora Ministero dell’agricoltura e delle foreste, l’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (oggi ICQRF) articolato in uffici interregionali, regionali e interprovinciali. Alla fine dell’anno fu poi istituita l’Age-Control s.p.a. con il compito di controllare gli aiuti comunitari al fine di prevenire le frodi nei settori che beneficiano delle provvidenze comunitarie tra cui è compreso anche il vino.