Sono oltre centomila gli agricoltori italiani che si sono mobilitati dai piccoli comuni ai grandi centri anche con trattori e mietitrebbie per salvare il grano italiano dalla speculazione che ha dimezzato le quotazioni su valori di circa trenta anni fa, ben al di sotto dei costi di produzione, che costringono all'abbandono della coltivazione.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel fare un bilancio della #guerradelgrano che ha portato già primi risultati sul piano Istituzionale dai Governatori delle principali regioni interessate e dal Ministro delle Politiche Agricole, ma anche economico con la disponibilità di importanti industrie nazionali alla valorizzazione del grano italiano. Le quotazioni dei prodotti agricoli - denuncia la Coldiretti - dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie speculative che trovano nel Chicago Board of Trade il punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole su cui chiunque può investire anche con contratti derivati.
Le analisi del Ministero delle Politiche Agricole presentate al tavolo sulla crisi dei cereali - continua la Coldiretti - hanno però anche permesso di smascherare che la speculazione in atto sul prezzo dei grano colpiscono soprattutto i coltivatori italiani con i prezzi che sono praticamente dimezzati rispetto allo scorso anno per il grano duro. Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta - continua la Coldiretti - viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia.
Sono trecentomila i posti di lavoro messi a rischio dalla speculazione sui prezzi dei cereali con le quotazioni del grano crollate sotto il livello dei costi di produzione al punto che le aziende non hanno ormai più convenienza a seminare.
Con questi prezzi gli agricoltori non possono più seminare – ha denunciato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo- e c’è il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale”.
In pericolo - precisa la Coldiretti - non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy. “Da pochi centesimi al chilo dipende la sopravvivenza di centinaia di migliaia di imprese agricole, ma anche il futuro del 15% del territorio agricolo nazionale che l’Italia deve difendere” ha sostenuto il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Senza dimenticare – aggiunge Coldiretti - gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy. Al contrario di quello straniero, la qualità del grano italiano non è in discussione ed è confermata dalla nascita e dalla rapida proliferazione di marchi che – sottolinea la Coldiretti - garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) e che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione (da Coop Italia a Iper) fino ai marchi piu’ prestigiosi (Ghigi, Valle del grano, Jolly Sgambaro, Granoro, Armando, ecc) fino all’annuncio dello storico marchio napoletano “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà “aureo”.
“Serve piu’ trasparenza sul mercato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da Paesi extracomunitari dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia e in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Dello stesso avviso anche la delegata nazionale Coldiretti Giovani Impresa, Maria Letizia Gardoni, che si è detta entusiasta della partecipazione di tantissimi giovani alle mobilitazioni di questi giorni per la tutela di un prodotto simbolo del Made in Italy . "Come futura classe dirigente, ha dichiarato, è nostro compito proteggere il presente da azioni fraudolente che ledono il lavoro svolto da tanti noi all'insegna della trasparenza e della qualità. Per questo motivo stiamo chiedendo non solo controlli più serrati sulle importazioni ma anche la possibilità di vedere riconosciuto alle nostre produzioni il giusto valore attraverso all'indicazione obbligatoria dell'origine del grano impiegato per la produzione di pasta e pane, esattamente come chiedono i cittadini consumatori."
L’Italia è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta, che assume un’importanza rilevante data l’elevata superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari per oltre 4,8 milioni di tonnellate di produzione che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 42% della produzione nazionale. Più limitata – conclude la Coldiretti - è la produzione del grano tenero che si attesta su 3,2 milioni di tonnellate su 0,6 milioni di ettari.