Aumentano del 19% le importazioni di olio di palma in Italia, per un quantitativo record che ha superato addirittura 1,7 miliardi di kg nel 2014, un primato negativo mai raggiunto finora. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti, che lancia l’allarme sull’invasione di un prodotto sotto accusa dal punto di vista nutrizionale e ambientale, proprio nella patria dell’olio extravergine di oliva e della dieta mediterranea.
L’olio di palma, per il basso costo e a causa di una scarsa informazione, tende a sostituire grassi più pregiati in molti prodotti alimentari, tra cui anche quelli per bambini (come biscotti, merendine, torte), e si può addirittura trovare nel latte per neonati.
Negli ultimi 15 anni, i quantitativi importati nel Belpaese sono aumentati di ben 10 volte, ma adesso è possibile verificare la presenza di olio di palma dall'etichetta.
Alle preoccupazioni per l’impatto sulla salute, a causa dell'elevato contenuto di acidi grassi saturi, si aggiungono peraltro quelle dal punto di vista ambientale, perché l’enorme sviluppo del mercato dell’olio di palma sta portando al disboscamento selvaggio di vaste foreste, senza dimenticare l’inquinamento provocato dal trasporto a migliaia di km di distanza dal luogo di produzione.
Per consentire scelte di acquisto consapevoli da parte dei consumatori, è stato introdotto il 13 dicembre 2014 nella legislazione comunitaria - sotto il pressing della Coldiretti - l’obbligo di specificare in etichetta la natura dell’olio eventualmente utilizzato nei prodotti alimentari confezionati. Non è più possibile pertanto utilizzare la dicitura generica olio vegetale, giocando sul fatto che nella nostra tradizione quando si pensa all’olio si pensa a quello di oliva, ma si deve indicare con precisione di quale olio si tratta. Per i prodotti venduti sfusi al forno o in panetteria, deve essere sempre esposto e a disposizione dei consumatori, l’elenco degli ingredienti utilizzati.
Una vittoria nei confronti delle grandi lobby, che tuttavia continuano a far sentire il proprio peso, come dimostra ad esempio la decisione dell’Unione Europea di ricorrere all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) per la costituzione di un comitato di arbitraggio riguardo ad alcuni dazi di importazione della Russia, che ritiene eccessivi per diversi prodotti tra i quali l’olio di palma. In altre parole, l’Unione Europea decide di intervenire per far aumentare le importazioni di un prodotto di dubbia qualità che, peraltro, fa concorrenza sleale al burro e all’olio extravergine di oliva europei, sostituendoli nei dolci, nelle pizze, nella panetteria industriale e artigianale.
Una decisione paradossale, dopo che i produttori agricoli dell’Unione Europea sono strangolati da mesi di embargo russo, che hanno provocato direttamente solo all’Italia più di 50,7 milioni di euro di mancate esportazioni agroalimentari in soli 4 mesi, da agosto a novembre, più un calo generalizzato dei prezzi sui mercati di tutta Europa per i prodotti colpiti dall’embargo e per quelli che, anche indirettamente, possono essere considerati sostituti.