Per effetto delle difficoltà economiche e del caro prezzi nel carrello della spesa gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura che crollano nel 2022 del 9% rispetto allo scorso anno, ai minimi da inizio secolo. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti sulla base dei dati Cso Italy/Gfk Italia relativi ai primi otto mesi in occasione del blitz di protesta nel centro della città in piazza Castello a Torino contro la speculazione che aumenta i prezzi pagati dai consumatori mentre i sono costretti a vendere sottocosto per i pesanti rincari dovuti alla bolletta energetica.
Mentre i prezzi al dettaglio della frutta sono saliti di oltre il +6,5%, ad ottobre secondo l’Istat, è crisi profonda nei campi dove bisogna vendere 4 chili di mele per comperare un caffè, secondo l’analisi della Coldiretti che evidenzia come i costi di produzione delle mele in campagna sono aumentati quest’anno di oltre 20 centesimi al chilo. Una situazione che esaspera gli agricoltori che piuttosto che svendere la frutta sottocosto preferiscono regalarla alle famiglie in grave difficoltà economica.
Se da un lato registra l’aumento dei prezzi al dettaglio, dall’altro i valori riconosciuti agli agricoltori che spesso non coprono neppure i costi di produzione dei raccolti già falcidiati da maltempo, grandine e siccità. Infatti, oltre ai danni provocati dai cambiamenti climatici i bilanci delle aziende sono messi a rischio da rincari di ogni tipo: dal riscaldamento delle serre ai carburanti per la movimentazione dei macchinari, dalle materie prime ai fertilizzanti, con spese più che raddoppiate, fino agli imballaggi, con gli incrementi che colpiscono dalla plastica per le vaschette, le retine e le buste (+70%), alla carta per bollini ed etichette (+35%) fino al cartone ondulato per le cassette (+60%), stesso trend di rincari per le cassette in legno (+60%), mentre si allungano anche i tempi di consegna. In difficoltà è però l’intera filiera che si è trovata a fronteggiare aumenti unilaterali da parte dei fornitori di imballaggi come il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno ma si registra un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.
La guerra e la crisi economica hanno poi complicato l’export di ortofrutta nell’est europeo, in oriente e nel sud del mediterraneo, con il risultato che troppi prodotti di altri paesi si sono riversati sul mercato UE ed italiano.
Il settore ortofrutticolo nazionale garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, pari al 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia e vanta ben 113 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp. Un terzo del fatturato del settore viene realizzato all’estero grazie alle esportazioni che hanno raggiunto lo scorso anno la cifra record di 5,5 miliardi di euro (+6%) anche se nei primi sei otto mesi del 2022 si registra un aumento delle importazioni del 5% in quantità ed un calo delle esportazioni, sempre in quantità, del 6%. Sotto accusa infatti sono le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera.
Coldiretti chiede un aumento dei controlli sanitari sui prodotti di importazione e più verifiche dell’origine riportata su etichette per il confezionato e sui cartelli per lo sfuso, con prodotti che troppo spesso vengono spacciati per italiani.
Ogni famiglia italiana ha acquistato 229 chili di frutta e verdura con una spesa media di 458 euro. In pratica gli italiani mangiano in media circa 273 grammi al giorno di frutta e verdura, ben lontani dai 400 grammi raccomandati dal Consiglio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per una dieta sana.
Un divario che rischia di allargarsi se non si interviene per fermare le speculazioni ed incentivare la produzione ed il consumo in un Paese come l’Italia che primeggia in Europa con molte produzioni importanti: dalle mele alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne ma anche per molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.