Si avvicina la fine del regime delle quote latte, che terminerà il 31 marzo 2015, con il rischio concreto di nuove multe per il superamento, da parte dell’Italia, del proprio livello quantitativo di produzione assegnato dall’Unione Europea, dopo 4 anni in cui nessuna multa è stata dovuta dagli allevatori italiani.
La decisione della Commissione Europea di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia Ue per il mancato recupero dei prelievi dovuti dagli allevatori, che hanno superato le quote latte individuali per il periodo compreso fra il 1995 e il 2009, nasce da una pesante eredità di incertezze e disattenzioni legati al regime comunitario costituito circa 30 anni fa.
La questione quote latte è iniziata nel 1983, con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale, che doveva essere successivamente divisa tra i propri produttori, ma all’Italia fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte. Una disattenzione nei confronti delle politiche comunitarie, sulla quale si sono accumulati errori, ritardi e compiacenze, che hanno danneggiato la stragrande maggioranza degli agricoltori italiani, i quali si sono messi in regola ed hanno rispettato le norme negli anni, acquistando o affittato quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro.
Le pendenze a cui fa riferimento l’Unione Europea riguardano appena 2000 produttori, di cui 600 devono pagare somme superiori a 300.000 euro, corrispondenti alla gran parte del debito.
Un comportamento che può creare le condizioni per fare concorrenza sleale alla stragrande maggioranza dei 36mila allevatori italiani e mette a rischio le casse dello Stato.