21 Ottobre 2017

Menù acchiappaturisti, sfregi nei piatti tipici del Made in Italy

Menù acchiappaturisti, in un ristorante su tre (35%) vengono serviti piatti del Made in Italy sfregiati: un esempio sono gli spaghetti alla bolognese, del tutto sconosciuti nella città emiliana, la cotoletta alla milanese, preparata erroneamente anche con carne di maiale o di pollo e la carbonara con l’aggiunta di panna, ingrediente non previsto nella ricetta storica. È quanto emerge dalla top five degli sbagli più diffusi in cucina nel primo rapporto Coldiretti/Censis sulla ristorazione in Italia presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti. Un risultato che mette in evidenza una pericolosa indulgenza della ristorazione nazionale nei confronti dei menù acchiappaturisti che rischia di dequalificare l'offerta enogastronomica Made in Italy.

Tra le specialità più “tradite” ci sono anche la pasta al pesto proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli e con il formaggio comune che sostituisce l'immancabile parmigiano reggiano e il pecorino romano (23%), la pasta alla Norma con un formaggio diverso dalla ricotta salata (19%) e il Tiramisù, che è forse il più conosciuto dolce italiano all'estero, viene spesso tradito nelle sue componenti caratteristiche, savoiardi, mascarpone e marsala (19%). A preoccupare è anche il fatto che in quasi 1 ristorante su 4 (22%) ci sono oliere fuorilegge che non rispettano l'obbligo del tappo antirabbocco entrato in vigore 3 anni fa con la legge europea 2013 bis, approvata dal Parlamento e pubblicata sul supplemento n.83 della Gazzetta Ufficiale 261, che prevede anche sanzioni che vanno da mille a 8mila euro e la confisca del prodotto. Ancora peggiore la situazione dei menù, dove non vige alcun di una corretta informazione sulla provenienza degli ingredienti.

“Con un terzo dei consumi alimentari che si concentra ormai fuori casa occorre estendere allora la domanda di trasparenza dagli scaffali dei supermercato ai menu dei ristoranti con l’indicazione dell’origine dei prodotti utilizzati nella preparazione dei piatti serviti”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “al di là della buona volontà dei ristoratori, oggi non esiste nessuna garanzia per i clienti sulla reale provenienza, ad esempio, del pesce o della carne, ma anche del formaggio per condire la pasta con un utilizzo molto diffuso di imitazioni straniere del Parmigiano reggiano e del Grano padano, senza dimenticare i piatti di salumi affettati. Solo con la trasparenza sarà possibile evitare il rischio – conclude Moncalvo – di ritrovarsi nel piatto pietanze Made in Italy di nome ma non di fatto, un italian sounding di casa nostra che rappresenta l’altra faccia di quelle ricette ‘sfregiate’ che già causano un danno d’immagine considerevole alle specialità tricolori”.

Di contro, la richiesta di benessere a tavola ha spinto gli chef ad acquistare direttamente dagli agricoltori, diventando così il primo canale di fornitura dei ristoranti, con il 39% dei locali che si rivolge alle aziende agricole contro un 34% che si rifornisce da grossisti e un 21% che va nei mercati. Un fenomeno legato al fatto che la qualità riconosciuta delle materie prime e la loro tracciabile provenienza italiana sono diventati ormai un fattore strategico di successo per il settore. In crescita anche la figura degli agrichef, i cuochi-agricoltori della Coldiretti impegnati nella valorizzazione dei prodotti agricoli, riportando sulle tavole vecchi sapori ma anche rivisitando antiche ricette in chiave innovativa. Si tratta di una nuova figura professionale che è espressione dell’impresa agricola e riveste in pratica un ruolo doppio: da un lato è un agricoltore e dall'altro è promotore del cibo del territorio che cucina e propone negli agriturismi, ma anche in occasione di manifestazioni.

“Mangiare in agriturismo o fare la spesa direttamente dal produttore è un segnale di attenzione al proprio territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda, ma anche un sostegno all'economia e all'occupazione locale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “si tratta di una responsabilità sociale che si è diffusa tra i cittadini nel tempo della crisi con la crescita dei mercati contadini e delle fattorie che in Italia che sono diventati non solo luogo di consumo, ma anche momenti di educazione, socializzazione, cultura e solidarietà”.