Per il Made in Italy agroalimentare è record storico all’estero con una crescita media dell’8% spinta soprattutto dal nord ovest (+13,1%) e dal nord est (+7,4%), ma crescono anche il centro Italia nonostante il terremoto (+4,2%) e il mezzogiorno e isole (+1.7%). E’ quanto emerge da una recente analisi su dati Istat relativi a commercio estero regionale nel primo trimestre del 2017. Quasi i due terzi delle esportazioni nel 2017 interessano i Paesi dell’Unione Europea, con il mercato comunitario che aumenta del 5,9%, ma il Made in Italy agroalimentare continua a crescere su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania. Un balzo del 45% si registra in Russia dove, tuttavia, i valori restano contenuti a causa dell’embargo che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta. Gli Stati Uniti con una crescita del 6,8% sono di gran lunga il principale mercato fuori dai confini dall’Unione, ed il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.
Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero pesano dunque in misura rilevante i cambiamenti in atto nella politica internazionale. Nel rapporto con la Gran Bretagna si sentono già gli effetti della Brexit con un calo del 7% nelle vendite del vino italiano nel primo bimestre per effetto dei tassi di cambio sfavorevoli, ma anche per l’aumento della tassazione sugli alcolici con le bottiglie di vino in vendita in Gran Bretagna che non sono mai state così care. L'andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una più efficace tutela nei confronti dell'agropirateria internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. All'estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati”, ma anche gli extravergini di oliva, le conserve. A preoccupare sono gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea, si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele. Un accordo che colpisce anche il formaggio italiano più esportato nel mondo, il Parmigiano Reggiano, che potrà essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada con la traduzione di Parmesan. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese, ma è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni ai concorrenti più insidiosi delle specialità Made in Italy all’estero.