L’arrivo del caldo coincide con l’esposizione a Expo 2o15 - nel padiglione della Coldiretti No farmers no party, all’ingresso sud all’inizio del Cardo, sul lato opposto all’albero della vita - dei nuovi frutti Made in Italy derivanti dal cambiamento climatico. A causa dei cambiamenti climatici legati al riscaldamento globale, per la prima volta si è iniziato a produrre in Italia frutta esotica, dalle banane all’avocado, mentre si riscontrano trasformazioni nelle produzioni tradizionali Made in Italy, come nel caso del vino e dell’olio.
Che l’Italia abbia la febbre è confermato dalla tendenza al surriscaldamento, con ben 9 dei 10 anni più caldi della storia che sono successivi al 2000. Dopo il 2014, che è stato il più bollente di sempre nella top10 degli ultimi 210 anni, ci sono il 2003, 2007, 2012, 2001, poi il 1994, 2009, 2011, 2000 e 2008 (dati Isac-Cnr).
Non solo il vino italiano è aumentato di 1 grado negli ultimi 30 anni, ma il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia di circa un mese rispetto al tradizionale mese di settembre, smentendo quindi il proverbio ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato inoltre la distribuzione sul territorio dei vigneti, che tendono a espandersi verso l’alto, con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza, come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.
Si è verificato nel tempo un significativo spostamento della zona di altre coltivazioni tipicamente mediterranee: il pomodoro da conserva, di cui si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale nella Pianura Padana, il grano duro per la pasta e l'olivo, che è arrivato fino alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi 10 anni, la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da 0 a circa 100mila piante, su quasi 30mila m2 di terreno.
Una situazione che ha avuto effetti straordinari in Sicilia, dove Andrea Passanisi ha trasformato in opportunità il clima ormai torrido, coltivando i primi avocado Made in Italy, frutto tipicamente tropicale, a Giarre ai piedi dell’Etna.
Letizia Marcenò, che ha sempre voluto puntare sulla diversificazione aziendale, riesce addirittura a produrre le prime banane nostrane a Palermo, grazie al microclima e alla posizione soleggiata.
Gli effetti si estendono però anche ai prodotti tipici. Il riscaldamento provoca infatti il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy, che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani. Una sfida che mette alla prova la capacità dell’agricoltura di trovare l’innovazione nella tradizione, cercando di ottenere il meglio dai mutamenti economici e climatici. L’Expo serve anche a raccontare la terra che cambia e come l’uomo cerchi di adattarsi ai cambiamenti climatici, tra gli aspetti centrali della Carta di Milano.