Il Made in Italy è a rischio, un dato certo se si pensa ai recenti fatti di cronaca, come quelli relativi all’adulterazione degli alimenti. Nell’occhio del ciclone soprattutto la Mozzarella di Bufala DOPche, fino a poco tempo fa, era considerata uno dei fiori all’occhiello della produzione nostrana: un prodotto che, secondo le ultime stime, è stato in grado di fatturare oltre 435 milioni di euro, dei quali 71 milioni realizzati grazie alle esportazioni in tutti il mondo, garantendo lavoro a ben 1500 allevamenti.
Oltre ad esser state emesse 13 notifiche da parte dei Carabinieri nei confronti di imprenditori e aziende agricole produttrici di mozzarella di bufala, (perchè il latte utilizzato nella produzione era adulterato) è venuto a galla un dato allarmante: il business dell’agromafia, nonostante la crisi, ha registrato un aumento record del 12%, perché la criminalità organizzata trova terreno fertile per le proprie operazioni, nel tessuto economico indebolito dalla crisi. E’ quanto afferma Coldiretti in riferimento all’arresto dell’imprenditore caseario Giuseppe Mandara, accusato di aver costruito il suo impero grazie anche ad alcune collaborazioni con il noto clan La Torre.
La malavita, da un punto di vista strategico, ha compreso che sfruttare il settore agroalimentare, resta uno dei modi migliori per aumentare gli affari. Questo accade perchè il cibo è considerato un bene primario, al quale nessuno è pronto a rinunciare e quindi è piuttosto facile condizionare la vita quotidiana delle persone sia in termini economici che salutistici. Per contrastare questo fenomeno in crescita, la Coldiretti ha promosso la Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare il cui Presidente è Roberto Moncalvo, Presidente della Coldiretti.
Le agromafie hanno un controllo pieno e radicato non solo sul territorio e su tutta la filiera (su un totale di 1,674 aziende confiscate, ben 89 operano nei settori di Agricoltura, caccia e silvicoltura e 15 nei settori di Pesca, piscicoltura e servizi connessi, 173 nella ristorazione e nell’alloggio e 471 nel commercio all’ingrosso e al dettaglio anche agroalimentare), ma anche su diversi prodotti d’uso comune come possono essere l’acqua minerale e il pane.