“Dal Parlamento viene un importante riconoscimento del ruolo della Politica agricola comune (PAC), che deve garantire reddito agli agricoltori affinché possano continuare ad offrire alimenti sani nelle giuste quantità preservando le risorse naturali e contribuendo alla lotta al cambiamento climatico con più ricerca ed innovazione”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare il voto del Parlamento europeo sui tre regolamenti della futura Politica Agricola Comune (Pac) 2023-2027.
Il difficile negoziato di questi ultimi anni – sottolinea Prandini - ha comunque portato ad un risultato migliorativo rispetto alla proposta iniziale del 2018, in termini di risorse e di strumenti per affrontare le ambiziose sfide poste dal Green Deal europeo, per uno sviluppo del settore che sia sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale, come ribadito anche recentemente dal Commissario all’agricoltura, Janusz Woicjechowski, intervenuto al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato da Coldiretti proprio alla vigilia del voto sulla riforma della Pac.
Ma il giudizio ad oggi sulla futura Pac non può che essere parziale perché ora – precisa Prandini - bisogna lavorare a livello nazionale per tradurre in misure semplici ed efficaci gli indirizzi dell’Ue, dall’innovazione alle politiche per favorire il ritorno alla terra delle nuove generazioni. Serve un Piano Strategico Nazionale per la crescita e lo sviluppo con azioni semplici da applicare che garantiscano – continua Prandini - la giusta sostenibilità economica all’attività agricola.
In Europa – sostiene Prandini - occorre però coerenza nelle politiche Ue, dicendo “SI” a tutte le misure che aumentano la trasparenza di processi e prodotti, attraverso l’obbligo dell’etichettatura d’origine, e che garantiscano competitività agli agricoltori europei sul piano mondiale promuovendo ed applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Mentre va avversato – precisa Prandini - ogni tentativo di banalizzazione ed omologazione del modello agricolo italiano ed europeo, dicendo quindi “NO” ai finanziamenti alla produzione di carne in laboratorio o all’introduzione di etichette a semaforo quali il Nutriscore. In questo contesto – conclude Prandini - va impedito anche l’annacquamento del vino nel processo di dealcolazione attraverso l’autorizzazione di dubbie pratiche enologiche.