No al riso asiatico trattato con il Triciclazolo, sostanza chimica vietata nell’Unione Europea per ragioni di sicurezza per la salute. E’ quanto affermano il presidente della Coldiretti Ettore Prandini e il Consigliere Delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia che in una lettera hanno chiesto al Governo italiano di bloccare a livello Ue qualsiasi autorizzazione a tollerare una certa quantità di questo sostanza per il prodotto che arriva da fuori i confini dell’Unione in particolare da Cambogia, Myanmar, Vietnam, India e Pakistan.
Un rischio concreto dopo il parere favorevole dell’Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) all’introduzione di una “franchigia” di tolleranza per i residui di Triciclazolo nel riso importato nonostante che dal 2016 l’utilizzo di questa sostanza sia stato vietato nella Ue.
La fissazione del nuovo limite, una istanza avanzata dalla multinazionale che produce tale principio, non è automatica, ma dipende da una procedura legislativa che della Commissione Europea, che potrà decidere se introdurre, dopo il voto favorevole degli Stati membri, il nuovo limite proposto. In alternativa, la Commissione potrebbe decidere di ignorare la valutazione dell’Efsa sui livelli di Triciclazolo.
A partire dal 2016 l’uso di tale sostanza attiva è stato vietato in Ue e sono state vietate anche le importazioni di prodotti con residui superiori al livello di quantificazione analitica. Permettere una certa quantità di tale principio chimico nel prodotto importato oltre a danneggiare le imprese italiane ed europee del settore, rappresenterebbe un passo indietro sul principio di precauzione.
Non sorprende che l’88% degli italiani voglia il divieto di ingresso nei mercati nazionali dei prodotti provenienti da paesi privi di regole sociali, di sicurezza e sanitarie analoghe a quelle italiane e della Ue, secondo l’analisi Coldiretti/Censis. Secondo la stragrande maggioranza dei cittadini è inutile imporre alle imprese italiane leggi sempre più severe se poi si consente ad imprese spregiudicate o a interi settori produttivi di altri paesi senza legislazioni analoghe di invadere il mercato italiano a prezzi stracciati.
L’ammissione di una quantità permessa nel riso importato è anche apertamente in contrasto con il principio di reciprocità che impone ai prodotti derivanti da Paesi terzi gli stessi standard sociali, sanitari e ambientali previsti per i prodotti UE. Un principio che dovrebbe caratterizzare ogni atto normativo della Commissione, a partire dai trattati commerciali internazionali.
Ad esempi con lo stop alla clausola di salvaguardia sul riso gli arrivi dal Myanmar sono aumentati in quantità di oltre 30 volte nel 2022, una vera e propria invasione che pesa sui produttori italiani già gravemente colpiti dalla siccità e dal rincaro dei costi di produzione. Uno shock devastante per l’economia e l’occupazione, con oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera, ma anche per la tutela dell’ambiente e della biodiversità
Con 1,5 milioni di tonnellate all’anno l’Italia garantisce il 50% dell’intera produzione di riso della Ue di cui è il primo fornitore, con una gamma di varietà e un livello di qualità uniche al mondo. Gli italiani consumano in media fra i 5 e i 6 chili di riso a testa.