Made in Italy del gusto con funghi o tartufi venduti freschi, ma che devono riportare obbligatoriamente in etichetta o su appositi cartellini il luogo di raccolta o coltivazione, per evitare che prodotti stranieri vengano spacciati per italiani come purtroppo spesso è avvenuto fino ad ora. E’ quanto si afferma nel rendere noti i contenuti nella risposta ufficiale della Commissione Europea ad un quesito sollecitato dalla stessa Organizzazione per smascherare pericolose furbizie nel commercio di questi prodotti simbolo del Made in Italy. La Commissione Europea ha chiarito che le indicazioni obbligatorie devono essere presenti sui documenti che accompagnano il prodotto in tutte le fasi della commercializzazione e che l'indicazione del Paese di origine è sempre obbligatoria per tutti i prodotti ortofrutticoli freschi, anche se esentati dal rispetto della norma di commercializzazione generale, come tartufi e funghi spontanei. Finalmente sarà possibile sapere se i pregiati frutti del bosco sono stati raccolti nella Penisola o se sono arrivati in Italia da Paesi lontani con minore freschezza e garanzie di qualità e sicurezza alimentare. L’obbligo di etichettatura di origine, mette chiarezza in un settore in cui nel 2016 sono stati importati in Italia oltre 7 milioni di chilogrammi tra funghi e tartufi freschi, dei quali 2,5 milioni di chili arrivano dalla Polonia e oltre 2 milioni dalla Romania, per un valore complessivo di 41 milioni di euro. Ben 11 milioni di euro riguardano specificatamente i tartufi per un quantitativo di 167000 chili.
Un commercio che dietro il quale in mancanza di norme trasparenti sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine, si sono nascosti inganni e truffe come dimostrano le numerose operazioni messe in atto dalle forze dell’ordine. Nel 2016 sui 58 controlli nel settore della commercializzazione di tartufo, sono state notificate ben 9 notizie di reato e 11 contestazioni amministrative da parte dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con diffuse irregolarità di etichettatura e nell’osservanza degli obblighi di rintracciabilità. L'attività di ricerca di funghi e tartufi non ha solo una natura hobbistica che coinvolge moltissimi appassionati, ma svolge anche una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta un'importante integrazione di reddito per migliaia di "professionisti" impegnati a rifornire negozi e ristoranti di prodotti tipici locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici. Una risorsa importante in molte aree dove non vi sono altre concrete alternative. L’Italia dispone di oltre 10 milioni di ettari di bosco, un terzo del territorio che offrono grandi quantità di funghi spontanei tra porcini, finferli, trombette, chiodini e altre numerose specialità note agli appassionati mentre per il tartufo, tra fresco e trasformato, si stima un business stimato attorno al mezzo miliardo di euro. La prossima battaglia riguarda i prodotti trasformati dove purtroppo c’e’ ancora poca trasparenza e quindi è urgente un intervento legislativo chiarificatore. Sono infatti notevolissimi i volumi di prodotti importati destinati alla trasformazione (oltre 1,3 milioni di chilogrammi di funghi e tartufi secchi, tritati, in polvere, etc.), spesso spacciati per italiani e con l’utilizzo di sostanze aromatizzanti che si sostituiscono o si affiancano al prodotto richiamato in etichetta, con poca chiarezza nei confronti dei consumatori.