Tonnellate di latte da buttare perché sono stati disdetti i contratti e non viene più ritirato dalle stalle, dove bisogna però continuare a mungere, per non far soffrire gli animali. Lo ha denunciato il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo alla mobilitazione di migliaia di allevatori che sono scesi in piazza con mucche e trattori ad un anno dalla fine delle quote latte che coincide con la scadenza della stragrande maggioranza dei contratti all’inizio di aprile, che ha provocato il crollo dei prezzi riconosciuti agli allevatori, ma anche il mancato ritiro del latte.
Non è più in vigore l’accordo sul prezzo del latte e si tagliano in modo unilaterale i compensi agli allevatori sotto il ricatto di non accettare la consegna di un prodotto deperibile come il latte. Il fatto che il latte italiano venga rifiutato dimostra quanto sia strumentale la posizione di quanti sostengono che il latte straniero è necessario per soddisfare la domanda nazionale.
La realtà è che si punta a far chiudere le stalle per giustificare l’aumento delle importazioni di semilavorati di provenienza straniera a basso costo e scarsa qualità, per sostituire il latte italiano. Una speculazione divenuta ancor più conveniente a seguito dell’embargo russo ai prodotti lattiero caseari europei che, dovendo trovare nuovi sbocchi, stanno invadendo il mercato italiano.
“Il settore agricolo è stato vittima di scelte di politica generale assunte senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale e ambientale sui nostri territori”, ha affermato il Presidente Moncalvo nel sottolineare anche “i danni provocati all’esportazione dei formaggi italiani più tipici come il Grana Padano che era in forte espansione sul mercato russo ed ora è stato sostituito da dubbie imitazioni soprattutto della Bielorussia, che rappresentano un grosso danno d’immagine al nostro Paese e alle sue produzioni tradizionali”. “La Commissione Europea ha anche letteralmente sbagliato tutte le analisi e previsioni relativamente al futuro del settore lattiero dopo la fine delle quote, non prevedendo un aumento così repentino delle produzioni soprattutto del nord Europa”, ha denunciato Moncalvo nel ricordare che “la produzione europea del latte sta così esplodendo in alcuni Stati come Irlanda o Olanda che, dopo la fine delle quote latte, fanno registrare incrementi a due cifre della produzione, mentre in Italia si stimano aumenti del 3 al 4%”. “E adesso sulla crisi degli allevamenti, l’Unione Europea si comporta come Ponzio Pilato e scarica le responsabilità sugli Stati Membri”, ha concluso Moncalvo nel denunciare “la mancanza di risposte strutturali di fronte a evidenti squilibri di filiera”.
Intanto la polvere di latte e le cagliate straniere che hanno attraversato la frontiera per giungere in Italia ed essere trasformate in formaggi e mozzarelle Made in Italy, sono state gettate in terra dagli allevatori che denunciano la concorrenza sleale e il grave danno provocato all’immagine e alla qualità del prodotto realizzato con il latte italiano. Lo si rende noto mentre a Udine è in corso la mobilitazione di migliaia di allevatori che, di fronte a un crisi senza precedenti, sono scesi in piazza con mucche e trattori, ad un anno dalla fine delle quote latte. Una mozzarella su quattro in vendita in Italia non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero, senza alcuna indicazione in etichetta. Ciò provoca una distorsione del mercato, una depressione dei prezzi pagati ai allevatori italiani e causa la chiusura degli allevamenti. Di fronte a questa escalation di truffe e inganni per salvare il Made in Italy non c’è più tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine del latte, in tutti i prodotti lattiero caseari per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori. In prima linea in queste ore, anche tanti giovani Coldiretti insieme alla Delegata Nazionale Maria Letizia Gardoni, sempre pronti a difendere le produzioni Made in Italy: "Un’attività dalla lunga tradizione per l'Italia che da sempre è garanzia di qualità e di produzione di eccellenza, come dimostrano i tanti prodotti Dop del settore caseario italiano” afferma Maria Letizia Gardoni, “Un lavoro che come hanno dimostrato le tante edizione degli Oscar Green attrae ogni anno le nuove generazioni, per questo noi giovani siamo i primi a manifestare contro un mercato che strozza i nostri allevamenti, facendo chiudere stalle e obbligando tanti di noi a lavorare al di sotto dei costi di produzione.”