Nel 2024 sono aumentate del 23% le importazioni di miele straniero, mentre le anomalie climatiche, con l’alternarsi di caldo, siccità e maltempo, hanno causato problemi alle fioriture costringendo gli apicoltori a ricorrere alle alimentazioni di soccorso per salvare gli alveari. Questo è quanto emerge da un’analisi Coldiretti che, in occasione della Giornata mondiale delle Api.
Nei primi due mesi dell’anno sono arrivati quasi 4,8 milioni di chili di prodotto straniero, di cui oltre ¼ di provenienza Extra Ue, spesso di bassa qualità e a prezzi stracciati, che esercita una pressione al ribasso sulle quotazioni di quello italiano, mettendo in difficoltà i produttori nazionali, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. L’Ungheria di Orban ha praticamente raddoppiato le vendite nel nostro Paese.
Alla concorrenza sleale dall’estero si aggiungono i problemi legati ai cambiamenti climatici che anche in questo inizio 2024 colpiscono l’Alveare Italia. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Miele, l’abbassamento delle temperature ad aprile durante la fioritura dell’acacia, con pioggia e neve dopo un inizio anno bollente, ha danneggiato le produzioni sulle regioni centro-settentrionali, a partire dalla Lombardia dove per alcune varietà si arriva a un crollo del 90%, e in parte su quelle del versante tirrenico e della Sardegna. Al sud, in particolare in Sicilia, è invece la siccità ad aver determinato danni produttivi, soprattutto per il miele di agrumi, ma anche per il millefiori e quello di sulla.
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità e sostenere i circa 75mila apicoltori italiani che curano 1,6 milioni di arnie, occorre sempre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolte interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.
Un ulteriore sostegno in tale direzione viene dalla nuova Direttiva Breakfast varata dall’Unione Europea che introduce un’etichetta obbligatoria e chiaramente visibile del paese di origine, e avvia un processo per creare un sistema di tracciabilità del prodotto. Nel caso di miscele, l’etichetta includerà anche la percentuale per ciascun Paese di provenienza.
“Un passo avanti importante verso la trasparenza che va ora completato introducendo il principio di reciprocità, per evitare che nel nostro Paese arrivi miele prodotto secondo modalità vietate in Europa, garantendo il rispetto delle stesse regole in materia di sicurezza alimentare, qualità e tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori – dichiara la presidente dell’Associazione apicoltori della Coldiretti, Veronica Barbati -. Attraverso l’acquisto diretto del miele dagli apicoltori italiani si sostiene il presidio del territorio e la presenza di una sentinella importante della qualità dell’ambiente e della biodiversità quale è l’ape”.
In Italia si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania, secondo il Centro Studi Divulga. L’Italia vince però in biodiversità con più di 60 varietà da quelli Dop come il Miele della Lunigiana, e il Miele delle Dolomiti Bellunesi e il miele Varesino, fino a quelli speciali in barrique o aromatizzati, dal tiglio agli agrumi, dall’eucalipto all’acacia.