Al Vinitaly scoppia l’allarme dazi sulle esportazioni in Usa che rappresentano il principale mercato di sbocco del vino Made in Italy con un valore di 1,5 miliardi, con un aumento record del 4% nel 2018. È quanto emerge da un'analisi della Coldiretti dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di applicare dazi per un valore di 11 miliardi di dollari sui prodotti europei che colpirebbero anche vino, formaggi e olio di oliva in risposta agli aiuti europei all’Airbus che danneggiano la Boeing che è alle prese con la crisi scaturita dagli incidenti di cui è stato protagonista il jet 737 Max. Da sottolineare il continuo incremento delle esportazioni di spumanti italiani che, trainate dal Prosecco, nel 2018 sono ammontate a un valore di 333 milioni con un balzo del 13%.
L’Italia è il primo paese fornitore di vino e spumante con oltre 1/3 del mercato complessivo in valore davanti alla Francia (28%). In pericolo ci sono anche altri prodotti simbolo dell’agroalimentare nazionale a partire dall’olio di oliva con le esportazioni che nel 2018 sono state pari a 436 milioni ma a essere minacciati sono anche i formaggi italiani che valgono 273 milioni.
Nella black list ufficiale divulgata dall’Amministrazione statunitense sono citati espressamente tra gli altri gli spumanti e il Marsala tra i vini e il pecorino tra i formaggi ma sono a rischio anche gli agrumi, l’uva, le marmellate, i succhi di frutta, l’acqua e i superalcolici tra gli alimentari e le bevande colpite.
Il valore complessivo delle esportazioni agroalimentari italiane negli Usa è pari a 4,2 miliardi e rappresenta circa il 10% del totale delle esportazioni nazionali che è di 42,4 miliardi nel 2018 secondo una analisi Coldiretti su dati Istat.
“Si tratta dunque di evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “gli Usa si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna”.