6 Dicembre 2016

Povertà in Italia, in sette milioni sono senza cibo adeguato

Povertà in Italia, un argomento tanto delicato quanto allarmante: secondo i recenti dati Istat, relativi al Reddito e condizioni di vita nel 2015, ad oggi sono circa sette milioni gli italiani che dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato (dove per adeguato intendiamo completo con le proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni, anche se lo volessero. Stando ai dati, dunque, la povertà in Italia è una piaga che riguarda ben l’11,8% della popolazione.

Dal punto di vista alimentare, strettamente quindi legato allo stato di salute delle persone, la situazione peggiore si registra nel Mezzogiorno del nostro Paese, dove la percentuale sale al 17,4%, mentre al Centro è al 10,4% e al Nord parliamo dell'8,3%. Rientrano nel computo dei dati anche le famiglie monoreddito con il 17,3% e le persone sole con più di 65 anni con il 19,8%. Si registra tuttavia una tendenza al miglioramento rispetto all’anno precedente in cui la percentuale era del 12,6%.

La situazione che riguarda la povertà in Italia, rimanda al discorso più e più volte dibattuto, circa gli sprechi alimentari. Dati alla mano, infatti, durante l'anno ogni italiano ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari; una quantità tale che sarebbe più che sufficienti a garantire cibo adeguato e quindi completo per tutti i cittadini. Un problema che riguarda in Italia l’interna filiera dove gli sprechi alimentari ammontano in valore a 12,5 miliardi che sono persi per:

  • il 54% al consumo
  • il 21% nella ristorazione
  • il 15% nella distribuzione commerciale
  • l’8% nell’agricoltura
  • il 2% nella trasformazione.

“Lo spreco di cibo è tra le più irresponsabili delle azioni e oggi ha raggiunto livelli inaccettabili” – ha sottolineato più volte Maria Letizia Gardoni, Delegata Nazionale dei Giovani Agricoltori di Coldiretti – “Viviamo in un’epoca in cui circa 870 milioni di persone soffrono la fame e la perdita di miliardi di tonnellate di alimenti, equivale ad un delitto ambientale, economico e sociale. Governi, produttori, trasformatori e consumatori devono lavorare insieme, con lo scopo di abbattere le ripercussioni di tale fenomeno. Questa dannosa tendenza, è indice di quanto in realtà non sia necessario produrre di più in termini quantitativi, ma – al contrario – è sempre più urgente focalizzare, come fanno i giovani imprenditori agricoli, l’attenzione su come distribuire correttamente il cibo, sulla tutela della biodiversità e sulla sostenibilità ambientale e sociale dei processi alimentari. Per questi motivi sono necessari nuovi modelli di sviluppo e di consumo che devono essere etici, equi e democratici”.