A causa del surriscaldamento globale, in Italia hanno fatto il loro ingresso in agricoltura le prime coltivazioni di banane e avocado, ma contemporaneamente sono a rischio le piante di cacao dell’Africa occidentale dove il clima sta diventando più secco e, l’effetto serra taglia la resa delle colture di orzo e luppolo per la birra in Belgio e Repubblica Ceca; anche i produttori di champagne francesi sono in allarme per l’aumento delle temperature di quasi 1,2 °C negli ultimi 30 anni nella zona di coltivazione, tanto che autorevoli studiosi hanno ipotizzato lo spostamento fino in Inghilterra della zone di coltivazione più idonee. E' quanto si afferma in relazione a ciò che è emerso al summit mondiale degli agricoltori Agricoltura e cambiamento climatico organizzato a Parigi dall'Organizzazione mondiale degli agricoltori (OMA), dal Comitato delle Organizzazioni professionali agricole dell'Unione europea (Copa) e dal Consiglio dell'agricoltura francese in occasione del Vertice COP21 di Parigi.
“L'agricoltura è l'attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma è anche il settore più impegnato per contrastarli" ha affermato il Presidente Coldiretti e Vice Presidente del Copa Roberto Moncalvo nel sottolineare che "si tratta però di una sfida per tutti, che può essere vinta solo se si afferma un nuovo modello di sviluppo più attento alla gestione delle risorse naturali nel fare impresa e con stili di vita più attenti all'ambiente nei consumi, a partire dalla tavola”.
Il riscaldamento del pianeta ha effetti anche sui prodotti tipici, perché provoca il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini. Secondo una recente analisi, negli ultimi 30 anni il vino italiano è aumentato di 1 grado, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale settembre, smentendo quindi il proverbio ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che, ora, andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.
Si è verificato nel tempo anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l'olivo, che è arrivato alle Alpi. E’ infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese, è passata da 0 a circa 10.000 piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Questa nuova situazione climatica, ha indotto giovani produttori agricoli a reinventarsi, investendo in colture che, fino a poco tempo fa, era assolutamente impensabili nel nostro Paese.
In Sicilia, ad esempio, il giovane agricoltore Andrea Passanisi ha trasformato in opportunità il cambiamento climatico, coltivando nella sua terra, Giarre (ai piedi dell’Etna), i primi avocado Made in Italy, frutto tipicamente tropicale. A Palermo, grazie proprio al microclima e alla posizione soleggiata, la giovanissima Letizia Marcenò, che ha sempre voluto puntare sulla diversificazione aziendale, è riuscita addirittura a produrre le prime banane nostrane.