Dall’inizio della crisi è stata chiusa 1 stalla italiana su 5, con la perdita silenziosa di 32mila posti di lavoro per gli allevatori e il rischio concreto della scomparsa del latte italiano e dei prestigiosi formaggi Made in Italy. Gli effetti del declino di fattorie e allevamenti avrebbe effetti drammatici anche sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale. È quanto emerge dal dossier L’attacco alle stalle italiane, presentato da Coldiretti in occasione della più grande operazione di mungitura pubblica mai realizzata in Italia e nel mondo. All’appuntamento di venerdì 6 febbraio si sono presentati numerosi esponenti politici, da Ministri del Governo a Governatori delle Regioni e Sindaci, esponenti della cultura, dello spettacolo, del mondo economico e sociale. Nelle principali piazze italiane sono state allestite le stalle dove mungere, dare da mangiare e custodire gli animali, con la collaborazione tecnica dell’Associazione Italiana Allevatori che ha seguito l’allestimento e ha curato la partecipazione degli animali all’evento, con riguardo al loro benessere.
Una dimostrazione concreta di sostegno agli allevatori italiani, messi in ginocchio dal deprezzamento del latte alla stalla, senza alcun beneficio per i consumatori, ma anche dai danni causati dal commercio del falso Made in Italy. In Italia le poco più di 36.000 stalle sopravvissute hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte, mentre si contano circa 86 milioni quintali di latte importato: l’importazione comporta la scomparsa di 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura per ogni milione di quintale di latte proveniente dall’estero. E la situazione rischia di precipitare: nel 2015, il prezzo riconosciuto agli allevatori non è sufficiente per coprire neanche i costi di produzione, spingendo verso la chiusura migliaia di allevamenti che, a breve, dovranno confrontarsi anche con la fine del regime delle quote latte (il 31 marzo 2015), dopo oltre trent’anni.
Le conseguenze negative non coinvolgono solo gli allevatori, ma hanno un impatto negativo anche sulla sicurezza alimentare. Nell’ultimo anno, le cagliate importate dall’estero hanno addirittura superato il milione di quintali, rappresentando circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte pari al 10% dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa, che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità.
Dal 2007 ad oggi, le importazioni di prodotti lattiero-caseari dall’estero sono aumentate in valore del 23%, secondo un’analisi relativa ai dati del commercio estero nei 10 dieci mesi del 2014. Attualmente l’Italia importa il 40% del latte e dei formaggi che consuma.
Difendere il latte italiano significa difendere un sistema che garantisce 180mila posti di lavoro, ma anche una ricchezza economica di 28 miliardi di euro pari al 10% dell’agroalimentare italiano. La chiusura di una stalla, oltre a essere un perdita in termini di occupazione e di reddito, significa anche un danno alla nostra terra. Il 53% degli allevamenti italiani che si trova in zone montane e svantaggiate svolge infatti un ruolo insostituibile di presidio del territorio, dove la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali.
Nell’anno dell’Expo, la chiusura delle stalle rischia di far perdere all’Italia il primato nella produzione di formaggi a denominazione di origine (Dop), che è addirittura in quantità superiore a quella francese, e contribuisce a forgiare l’identità nazionale in campo alimentare, con oltre 48 specialità riconosciute a livello comunitario sparse lungo tutto lo stivale.
“Stiamo perdendo un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all’economia, all’ambiente e alla salute” afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel denunciare che “l’invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive”.
Tra gli obiettivi della mobilitazione per salvare le stalle italiane ci sono: