A un metro dalla libertà, ma quella vera è nell'orto: in carcere la natura fa miracoli. Un metro, poco più poco meno, ogni giorno, li separa dalla libertà. «Ma quella vera è il lavoro nei campi, la gioia di vedere i nostri prodotti crescere, la bellezza di sentirsi cambiati, utili, positivi». Siamo in aperta campagna, nel cuore verde del'Umbria, tra ortaggi, frutta, voglia di vivere e di riscatto. Siamo nel carcere di Perugia. Qui è davvero possibile pagare gli errori ma riconquistarsi una dignità. Quella di essere lavoratori della terra, che mettono la qualità nel cestino della spesa, pensando ai bambini e alle famiglie che stanno a casa. Eccoli i detenuti di Capanne che ogni giorno scendono nell'orto perché quel lavoro è quanto di più prezioso possa esserci per ritornare a sentirsi vivi. C'è persino chi ha scontato la pena, potrebbe uscire ma ha fatto richiesta di rimanere. Almeno fino a quando la fuori non ci sarà un lavoro. A Perugia sono motivo di vanto e di orgoglio. I cittadini fanno la fila al mercato perché vogliono quegli ortaggi lì, quelli dei detenuti. E in tantissimi chiedono che gli vengano portati a casa. «Finalmente riesco a mandare la mia paghetta guadagnata onestamente col sudore, a mia moglie e ai miei figli». Ecco la cifra di un cambiamento vero. Se carcere vuol dire rieducazione, metti un orto nella cella e l'obiettivo è a portata di mano.