8 Settembre 2015

Prosciutti Made in Italy addio, scomparsi 600mila maiali

Prosciutti Made in Italy in pericolo: a rischio estinzione i prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma, la cui produzione è calata del 13% dall’inizio della crisi nel 2008. Dalle stalle italiane sono infatti scomparsi 600mila maiali dal 2008, sfrattati dalle importazioni di carne di bassa qualità dall’estero per realizzare falsi salumi italiani. L’allarme è stato lanciato dal valico del Brennero, dove continua la mobilitazione di migliaia di agricoltori Coldiretti, che sono stati raggiunti dal Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, reduce dal Consiglio dei Ministri agricoli a Bruxelles. L’importazione di cosce estere da destinare a prosciutto crudo, cotto o speck è balzata dell’8,5% nel 2014 rispetto all’anno precedente, con gli arrivi che giungono:

  • per il 31% dalla Germania
  • per il 19,4% dall’Olanda
  • per il 16,3% dalla Danimarca
  • per il 9,4% dalla Spagna.

Ma nell’ultimo anno è aumentato del 26,5% anche l’import di maialini che provengono soprattutto da Danimarca e Olanda.

La chiusura forzata degli allevamenti è stata causata dall’impossibilità di coprire i costi di produzione, per i bassi prezzi provocati dalle importazioni dall’estero di carne di bassa qualità, allo scopo di ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy grazie alla mancanza dell'obbligo di indicare in modo chiaro in etichetta la provenienza. Oggi in Italia 2 prosciutti su 3 provengono dall’estero, senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta. Un inganno per i consumatori e un danno per gli allevatori italiani, impegnati a rispettare rigidi disciplinari di produzione per realizzare carne di altissima qualità. In Italia nel 2014 sono state importate 62,3 milioni di cosce di maiali, destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto o speck italiano, a fronte di una produzione nazionale di 23 milioni. È una situazione che rischia di compromettere per sempre la potenzialità produttiva nazionale, con una destrutturazione degli allevamenti difficilmente recuperabile, che mette a rischio l'essenza stessa di molti tesori agroalimentari del Made in Italy, per i quali si registra nonostante la crisi un aumento della domanda interna ed estera.

Gli allevatori e gli agricoltori della Coldiretti mettono sotto accusa anche gli insostenibili squilibri nella distribuzione del valore dalla stalla alla tavola: per ogni 100 euro spesi dai cittadini in salumi:

  • ben 46 euro restano in tasca alla distribuzione commerciale
  • 24,5 al trasformatore industriale
  • 11,5 al macellatore
  • solo 18 euro all'allevatore.

In altre parole, mentre in media all'allevatore i maiali sono pagati circa 1,4 euro al kg, il consumatore spende oltre 23 euro al kg per il prosciutto Dop. Una forbice troppo larga, che danneggia cittadini e allevatori italiani costretti a chiudere le stalle. In Italia sono allevati meno di 8,7 milioni di maiali (erano 9,3 milioni nel 2008), destinati per il 70% alla produzione dei 36 salumi che hanno ottenuto dall'Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine (Dop/Igp). Il settore della produzione di salumi e carne di maiale, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. A rischio è il futuro di uno dei settori di punta della produzione agroalimentare nazionale, dove trovano occupazione 105mila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, ora in pericolo.