3 Marzo 2015

Ogm: bene libertà di divieto in UE, ora tocca a Parlamento

L’Italia è libera di non coltivare Ogm, come ha fatto fino ad ora e come chiedono quasi 8 cittadini su 10 (76%), che si oppongono al biotech nei campi. È quanto afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel commentare positivamente il via libera finale del Consiglio Ue alle nuove regole, che consentono agli Stati membri di poter scegliere se limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (Ogm) sul proprio territorio nazionale. Ora tocca al parlamento italiano mettere a punto una normativa nazionale che possa dare continuità alla lungimirante scelta fatta dall’Italia di vietare gli Ogm, in vista della nuova normativa che dovrebbe entrare in vigore già a marzo, dopo 20 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Europea.

Siamo di fronte – afferma Moncalvo – a un importante e atteso riconoscimento della sovranità degli Stati, nonostante il pressing e le ripetute provocazioni delle multinazionali del biotech. L’Europa da un lato, le Alpi e il mare dall’altro, renderanno l’Italia finalmente sicura da ogni contaminazione da Ogm, a tutela della straordinaria  biodiversità e del patrimonio di distintività del Made in Italy. Per l’Italia, gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del Made in Italy.

Nel 2014 sono calati del 3% i terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa, a conferma della crescente diffidenza nei confronti di una tecnologia che non rispetta le promesse. Dall’analisi del rapporto annuale 2014 dell’International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications (ISAAA) emerge che la superficie riservata agli ogm in Europa si è ridotta ad appena 143.016 ettari di mais Bt, coltivati in soli 5 Paesi che fanno parte dell’Unione. Peraltro ben il 92% di mais biotech europeo è coltivato in Spagna, dove ne sono stati seminati 131.538 ettari, mentre le superfici residuali si dividono tra Portogallo, Romania, Slovacchia e Repubblica Ceca.