20 Settembre 2017

Maltempo: a settembre precipitazioni più che raddoppiate

La situazione maltempo, per quanto riguarda il mese di settembre, vede le precipitazioni più che raddoppiate con il 127% in più di pioggia rispetto alla media del periodo, dopo un'estate ed una primavera drammaticamente siccitose. La nuova ondata di maltempo con nubifragi e grandine ha provocato danni a macchia di leopardo nelle campagne, sulla base dei dati Ucea relativi alla prima decade. La drastica svolta del meteo ha riguardato soprattutto il centro Italia con la caduta addirittura di più del triplo di acqua rispetto alla media (+222%) ed in misura minore il nord (+128%) ed il sud Italia (+19%). Il maltempo si è abbattuto violentemente sui terreni resi aridi da una estate calda e siccitosa con la caduta in Italia del 41% in meno di pioggia, ma in alcune regioni come la Toscana il deficit idrico è stato addirittura del 57% rispetto alla media. L’andamento climatico anomalo dell’estate 2017 che conquista il posto d‘onore per il caldo con una temperatura superiore di 2,48 gradi alla media si classifica anche come la quarta più siccitosa di sempre ha riguardato infatti quest’anno anche aree come il Centro Italia, che storicamente non avevano problemi per la siccità.

Le precipitazioni per poter essere assorbite dal terreno devono essere continue e non violente; gli acquazzoni, invece, aggravano i danni e pericolo di frane, alluvioni e smottamenti. Siamo di fronte al moltiplicarsi di eventi estremi per la tropicalizzazione del clima con l’alternarsi di caldo anomalo, siccità, grandinate, e bombe d’acqua che il terreno non riesce più ad assorbire per colpa del consumo di suolo. Si tratta degli effetti di un modello di sviluppo sbagliato che ha provocato un'irresponsabile scomparsa di oltre un quarto della terra coltivata (-28%) negli ultimi 25 anni in Italia dove sono rimasti appena 12,8 milioni di ettari superficie agricola utilizzata.  L’Italia affoga perché la superficie agricola e forestale ha raggiunto il minimo storico per colpa della cementificazione e dell’abbandono che ha reso l’Italia più debole rispetto al rischio alluvioni e frane ed esponendo tutto il territorio, a partire dalle città, alle conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici.  Non si tratta dunque solo un problema di tombini ostruiti, ma della mancanza di un serio piano di gestione complessiva del territorio nazionale dove in un anno sono stati consumati sui 3 metri quadrati di suolo al secondo, cancellando, al 2016, 23mila chilometri quadrati (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme), il 7,6% del territorio nazionale, secondo l’Ispra. Il risultato è che supera i 7 milioni il numero degli abitanti residenti in aree a rischio frane e alluvioni (12% del totale), dei quali oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e quasi 6 milioni vivono in zone alluvionabili classificate a pericolosità idraulica media.