15 Dicembre 2014

Mafia: business da 14 miliardi a tavola dall’olio alla frutta

Il volume d'affari complessivo della mafia nell'agroalimentare è salito 14 miliardi di euro, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi.
Si commenta così il blitz dei Carabinieri e della Guardia di Finanza contro il patrimonio della famiglia mafiosa del boss latitante Matteo Messina Denaro con il sequestro di attività anche nell’olio di oliva.  Secondo l’analisi dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare promosso da Coldiretti con il comitato scientifico presieduto da Gian Carlo Caselli, le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale, poiché è peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia. Si invaderanno i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare.

Si tratta di aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la vita quotidiana della persone in termini economici e salutistici. Mettendo le mani sul comparto alimentare, le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio: dalla intermediazione nel commercio della frutta, alla produzione di olio di oliva.  Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e, sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni e ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.

Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali:

  • usura
  • racket estorsivo
  • abusivismo edilizio
  • furti di attrezzature e mezzi agricoli
  • abigeato
  • macellazioni clandestine
  • danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni.

Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano - distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta - ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.