30 Aprile 2016

Made in Italy, da bolognese a pesto i più sfregiati dagli chef UE

3 italiani su 4 restano delusi dai piatti Made in Italy serviti all’estero dove vengono portate in tavola le più bizzarre versioni delle ricette tradizionali, come l’abitudine belga di usare la panna al posto del pecorino nella carbonara, quella tedesca di impiegare l’olio di semi nella cotoletta alla milanese, quella olandese di non usare il mascarpone nel tiramisù, fino agli inglesi che vanno pazzi per gli spaghetti alla bolognese che sono del tutto sconosciuti nella città emiliana. È quanto denuncia il Dossier Coldiretti che ha collaborato alla task force dei Carabinieri dei Nas all’estero per verificare, grazie ad un progetto dell’Europol., “Cosa mangiano di italiano in Europa”. Il dossier è stato presentato alla mobilitazione a difesa del Made in Italy di migliaia di agricoltori italiani con i trattori dentro e fuori il Paladozza a Bologna in Emilia Romagna, la regione con il primato italiano ed europeo della qualità per il maggior numero di prodotti a denominazione di origine riconosciute dall’Unione Europea.

È significativo e preoccupante il fatto che uno dei piatti italiani più diffuso siano gli spaghetti alla bolognese che spopolano in Inghilterra, ma che non esistono nella tradizione nazionale, se non nei menù acchiappaturisti. Una variante molto diffusa spacciata come tricolore è anche la Pasta with Meatballs, pasta con le polpette che nessun italiano servirebbe a tavola. Tra le specialità più tradite ci sono anche la pasta al pesto proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli e con il formaggio comune che sostituisce l’immancabile parmigiano reggiano e il pecorino romano. Una offesa che si vuole combattere con la candidatura del pesto alla genovese a patrimonio immateriale dell'umanità, per tutelare una tradizione conservata nel tempo da intere generazioni che deve rappresentare anche una difesa nei confronti delle troppe imitazioni, a tutela del basilico genovese a denominazione di origine (Dop). Nella ricetta tradizionale della costoletta alla milanese invece non possono mancare oltre alla costola di vitello battuta, il pane grattugiato grosso, le uova, il burro, meglio se chiarificato, e il sale. Una ricetta che purtroppo non sempre è rispettata e all’estero non è certo difficile trovare la costoletta alla milanese realizzata con carne di pollo o di maiale o fritta nell’olio di semi. Praticamente ovunque è poi diffusa la tipica caprese servita con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte.

La carbonara è stata addirittura oggetto di un recente scandalo in Francia, dove è stata diffusa una video-ricetta delle farfalle alla carbonara con panna, uovo crudo, pancetta e pasta stracotta per 15 minuti che ha suscitato indignazione e pubbliche scuse. Ma non si tratta purtroppo di un caso isolato. La tipica ricetta della pasta alla Norma viene infatti spesso taroccata dalla sostituzione della immancabile ricotta salata con semplice formaggio grattugiato, mentre il tiramisù, che è forse il più conosciuto dolce italiano all’estero, viene spesso tradito nelle sue componenti caratteristiche, savoiardi, mascarpone e marsala. Per non parlare poi della pizza, che viene offerta nelle versioni più inimmaginabili, da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo. Aumenta anche l’offerta di piatti italiani pronto uso sugli scaffali dei supermercati all’estero, dove è possibile acquistare dal sugo liofilizzato per spaghetti alla bolognese ai tortellini, alle lasagne in lattina fino ad un fantomatico piatto all’italiana in barattolo fatto di polpette di carne e pastina da minestra, che farebbero inorridire qualsiasi consumatore del Belpaese.

 “Dalla tutela delle ricette tipiche dipende molto del successo del prodotti Made in Italy sui mercati internazionali”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’Italia può contare su una risorsa importante, poiché nel futuro ci saranno più di due cuochi per ogni operaio, con la crisi che ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani e ha provocato il crollo delle iscrizioni agli istituti professionali a indirizzo industriale rispetto al boom delle scuole di enogastronomia e turismo, come dimostrano le iscrizioni all’alberghiero degli ultimi anni.”