9 Luglio 2016

Lavoro nei campi, in 20 anni abbandonati 2.2mil ha in montagna

Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne italiane si sono praticamente dimezzate, passando da 89 milioni a 47 milioni, con un crollo che ha costretto 320mila aziende agricole a chiudere i battenti, togliendo un’opportunità di reddito vitale a dipendenti e familiari che lavoravano all’interno delle imprese montane. E’ quanto emerge dal Dossier Coldiretti presentato alla mobilitazione di migliaia di agricoltori e boscaioli scesi in piazza per salvare la foresta italiana a Trento in Trentino-Alto Adige.

In montagna più di un agricoltore su due (53 per cento) - sottolinea la Coldiretti - ha abbandonato l’attività nell’arco di 20 anni, determinando la scomparsa di 2,2 milioni di ettari di superficie agricola, con il territorio esposto al dissesto e “aggredito” dai boschi, secondo le elaborazione sui censimenti Istat.  Il rischio concreto è lo spopolamento della montagna anche dalla presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio-economico delle aree più sensibili del Paese perché – spiega la Coldiretti - quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere l’abbandono e il degrado spesso da intere generazioni. Insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare – precisa la Coldiretti - il ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali.

Il risultato - sostiene la Coldiretti - è che sono saliti a 7145 i comuni italiani, ovvero l'88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Di questi 1640 hanno nel loro territorio solo aree a derivata propensione a fenomeni franosi, 1607 sono invece i comuni a pericolosità idraulica e 3898 quelli in cui coesistono entrambi i fenomeni. Le regioni con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico sono sette: Valle d'Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste si aggiungono Calabria, provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%.

Sono 25.869 gli incendi divampati in Italia nei primi sei mesi dell’anno con i roghi che lungo la Penisola hanno attraversato ben 12.518 ettari di terreno tra aree boschive e non. E’ quanto emerge dal Dossier Coldiretti sulla base del giornale della protezione civile dal quale si evidenzia che riguardano soprattutto nella parte meridionale del Paese ma problemi più seri si registrano anche a Nord. Le regioni maggiormente colpite nel semestre - riferisce la Coldiretti - sono la Sicilia (6.572 incendi), la Puglia (4.920 incendi), il Lazio (2.024 incendi), Campania (1.982 incendi), la Calabria (1.860 incendi), la Lombardia (1.451 incendi) e la Sardegna (1.385 incendi). Proprio qui tuttavia – conclude la Coldiretti - la Regione ha chiesto la dichiarazione per gli incendi scoppiati a inizio luglio dove per tre giorni è stato richiesto un ampio dispiegamento di canadair ed elicotteri nel Nuorese e nell'Alto Oristanese, con il fuoco che ha percorso circa 4mila ettari secondo il Corpo Forestale dello Stato.

“Non basta celebrare il valore del paesaggio negli esami di maturità come è stato fatto giustamente quest’anno, ma occorre ricordare che esso dipende soprattutto dall’agricoltura che copre il 55% del territorio italiano e ne disegna in modo profondo le forme ed i colori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Dello stesso avviso anche Maria Letizia Gardoni, Presidente Coldiretti Giovani Impresa che ha dichiarato "E' necessario adottare tutte le misure necessarie affinché venga tutelato e preservato il lavoro agricolo in quanto custode del territorio, della sua biodiversità e dell'ambiente".