17 Luglio 2017

Incendi: lo stato di abbandono dei boschi favorisce i piromani

Incendi in tutta la Penisola a causa di un luglio estremamente bollente dove le temperature minime sono risultate superiori di 2,6 gradi la media di riferimento, mentre le precipitazioni sono risultate in calo del 60% aggravando una crisi idrica di portata storica a livello nazionale con siccità e diffusione degli incendi. E’ quanto è emerso dal Dossier Coldiretti all’Assemblea Nazionale, sulla base delle elaborazioni dei dati Ucea relativi alla prima decade di luglio, nel focus dedicato alla eccezionale situazione di crisi idrica del Paese. Si aggrava la situazione dopo che nel primo semestre del 2017 in Italia erano caduti appena 251 millimetri di pioggia, ben il 30% in meno rispetto alla media di riferimento. La primavera 2017 dal punto di vista meteorologico, è stata in Italia secondo il Cnr la seconda più calda dal 1800. Il clima particolarmente asciutto non ha solo determinato cambiamenti visibili nel paesaggio e nell’ambiente, ma anche creato le condizioni per favorire il divampare degli incendi provocati spesso da atti criminali. Boschi, ma anche animali allevati e almeno 2500 ettari di terreno a pascolo, vigneti e uliveti andati a fuoco nell’ultimo mese concentrati soprattutto in Sicilia, ma sparsi lungo tutta la Penisola. La devastante ondata di incendi sta mettendo a rischio, l’ambiente, l’economia il lavoro il turismo e purtroppo anche le vite umane. A caldo e siccità si somma l’inarrestabile avanzata della foresta che, senza alcun controllo, si è impossessata dei terreni incolti e domina con 12 miliardi di alberi ormai più di 1/3 della superficie nazionale con una densità che la rende del tutto impenetrabile ai necessari interventi di manutenzione, difesa e sorveglianza nei confronti dei piromani.

“Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l'allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. L’Italia non è mai stata così ricca di boschi con la superficie coperta che oggi è di 10,9 milioni di ettari, praticamente raddoppiata dall’Unità d’Italia, ma a differenza del passato si tratta di aree senza alcun controllo e del tutto impenetrabili ai necessari interventi di manutenzione e difesa mettendo a rischio la vita delle popolazioni locali, per degrado ed incendi. Al contrario, 35.000 nuovi posti di lavoro potrebbero nascere dall’aumento del prelievo del legname dai boschi in un Paese che importa l’80% del legno che utilizza. Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne italiane si sono praticamente dimezzate, passando da 89 milioni a 47 milioni, con un crollo che ha costretto 320.000 aziende agricole a chiudere i battenti, Ogni ettaro di macchia mediterranea, è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili, ma anche da una grande varietà di vegetali che, a seguito degli incendi, sono andate perse. Nelle foreste andate a fuoco sono impedite per anni anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi, e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati. Solo il sostegno al lavoro nei boschi indirizzato verso una gestione sostenibile può, effettivamente, rappresentare la condizione per una manutenzione ordinata a disinnescare fenomeni spesso dolosi di incendi e attivare reti di volontariato in grado di supportare l’attività degli organi preposti all’attività di spegnimento, conclude Coldiretti nell’evidenziare la necessità di dare attuazione immediata all’articolo 70 della delega ambientale.

Secondo l’ultimo monitoraggio Coldiretti il livello del fiume Po è sceso a 3,15 metri sotto lo zero idrometrico, quasi mezzo metro più basso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo le ultime rilevazioni al Ponte della Becca.  Lo stato del più grande fiume italiano, è rappresentativo della crisi idrica del Paese, anche perché dal bacino idrico del Po dipende il 35% della produzione agricola nazionale. La situazione è difficile nei laghi e nelle dighe lungo tutta la Penisola secondo il monitoraggio effettuato. L’altezza idrometrica del lago di Garda è di 69,5 centimetri, ben il 33% in meno rispetto alla media storica del periodo, mentre in Campania la diga del Piano della Rocca ha una disponibilità di 7,82 milioni di metri cubi di acqua pari ad appena il 55% dello stesso periodo dello scorso anno. La situazione appare meno grave in Puglia dove nelle dighe di Occhito, Capaccio, Osento e Capaciotti ci sono 230 milioni di metri cubi di acqua, il 14% in meno rispetto allo scorso anno. Nelle isole la diga Don Sturzo in Sicilia ha 37,77 milioni di metri cubi di acqua, il 30% in meno dello scorso anno, mentre quella di Temo, nella Nurra in Sardegna, ne ha ben il 64% in meno per un totale di 18,69 milioni di metri cubi di acqua. L'annata in corso, per la zona nord occidentale della Sardegna, è la più siccitosa dal 1922, secondo l’Autorità di Bacino.