9 Luglio 2015

Expo 2015: agromafie fatturano 15,4 miliardi, in crescita all’estero

Il business delle agromafie fattura 15,4 miliardi e investe ambiti complessi e articolati, con gli interessi che sono rivolti, anche all’estero, nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e sulla tracciabilità, della macellazione e della panificazione clandestine, dello sfruttamento animale e del doping nelle corse dei cavalli, e lucra anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per l’ambiente e la salute. È quanto afferma il Presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, durante il meeting internazionale all'Auditorium del Padiglione Italia Expo Milano 2015 sul tema Contrastare il crimine alimentare, rafforzare la sicurezza alimentare - Fighting food crime - enforcing food safety."

Non solo la criminalità si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma - sottolinea Moncalvo - compromette in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy, secondo il rapporto Agromafie Coldiretti/Eurispes. L’Italia può contare sul sistema di controlli più avanzato al mondo, anche grazie all’ottimo lavoro svolto dalle forze dell’ordine e dalla Magistratura, che come Coldiretti abbiamo voluto accompagnare con la promozione dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, con Gian Carlo Caselli alla guida del Comitato Scientifico della Fondazione, per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità.

I tentacoli della criminalità organizzata italiana sono peraltro usciti dalla realtà locale e nazionale per infiltrarsi nell’economia e nella società di numerosi Paesi europei, secondo il recente rapporto Transcrime. I settori dell’agricoltura e della pesca sono nel mirino delle agromafie in Spagna, dove non manca l’interesse della  Camorra e della Ndrangheta nel comparto della ristorazione. Tra i centri maggiormente toccati ci sono la capitale Madrid, Vigo e l’Andalusia. Nel Regno Unito la Camorra ha puntato sui bar e sui ristoranti e la scozzese Aberdeen è considerata un polo particolarmente sensibile. In Germania la Ndrangheta guarda con crescente interesse alle strutture legate alla gastronomia, con preferenza per le città di Geldern, Oberhausen e Duisburg. La criminalità organizzata, infine, non dimentica l’Est europeo. Anche per la vicinanza geografica, l’Albania rappresenta un buon mercato per la Sacra Corona Unita per quanto riguarda bar e ristoranti, mentre in Romania la Camorra opera con illeciti profitti in attività legate all’agricoltura e alla pesca, soprattutto nella zona di Vaslui ai confini con la Moldova e in prossimità del Mar Nero.

Il crimine alimentare si combatte con la trasparenza, soprattutto in un settore come quello agroalimentare dove è particolarmente rilevante il flusso commerciale, con circa 1/3 (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy che contiene materie prime straniere, all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole” afferma il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. In un momento difficile per l’economia “dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e dare completa attuazione alle leggi nazionali e comunitarie che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti. Ma è necessario che sia anche resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali, con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero.”