29 Maggio 2015

Expo 2015: 99% formaggi italiani in USA sono tarocchi

In occasione della Festa del Latte celebrata venerdì 29 a Expo 2015, al Padiglione Coldiretti (all’inizio del Cardo sud) sono stati diffusi i dati sui primati del latte e dei formaggi Made in Italy e sulle sfide che devono affrontare in Italia ed all’estero. Negli Stati Uniti il 99% dei formaggi di tipo italiano sono tarocchi, con nomi che richiamano esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese - dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola.
La produzione di imitazioni dei formaggi italiani nel 2014 ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di quasi 2228 milioni di kg, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack, che è risultata nello stesso anno pari a 2040 milioni di kg.
Tra i formaggi italiani Made in Usa più gettonati ci sono:

  • la mozzarella (79%)
  • il Provolone (7%)
  • il Parmesan (6%).

Quasi 2/3 della produzione di Parmesan è realizzata in California e Wisconsin, mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. Uno scippo che riguarda anche denominazioni tutelate dall’Unione Europea, con la produzione di Parmesan statunitense che ha raggiunto i 144 milioni di kg, circa la metà di quello originale realizzata in Italia. Peraltro le esportazioni di formaggi italiani originali si sono invece fermate nel 2014 a circa 28 milioni di kg, in calo del 6% rispetto all’anno precedente, anche a causa della concorrenza sleale delle imitazioni.

Se i nomi sono gli stessi, le caratteristiche sono profondamente differenti, perché i formaggi Made in Italy originali devono rispettare rigidi disciplinari di produzione, con regole per l’allevamento e la trasformazioni e un sistema di controlli che non ha eguali. Il risultato è confermato dal primo Cheese test, nella giornata ufficiale del latte promossa da Expo 2015 che, alla prova dei fatti, ha duramente bocciato il Parmesan, il Provolone, il Romano (senza latte di pecora) e un improponibile Fontiago realizzati negli Stati Uniti. Una stroncatura che ha trovato d’accordo nutrizionisti, chef, casalinghe, ma anche visitatori stranieri, che hanno ammesso senza reticenze le profonde differenze che esistono rispetto alla produzione tricolore.

Se gli Stati Uniti sono i leader della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo e nei Paesi emergenti, dove spesso il falso è arrivato prima delle produzioni originali. A preoccupare sono anche le recenti tendenze in Russia dove l’embargo, che ha colpito le produzioni casearie europee, ha provocato un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati - dalla mozzarella Casa Italia alla Robiola Unagrande, ma anche il Parmesan Pirpacchi, tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin. Nei primi quattro mesi del 2015, la produzione russa di formaggio ha registrato, infatti, un sorprendente +30%. I falsi arrivano anche da molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo, come la Svizzera, la Bielorussia, l’Argentina o il Brasile.

“In questo contesto è particolarmente significativo il piano per l’export annunciato dal Governo, che prevede per la prima volta azioni di contrasto all'Italian Sounding, che trova nel Parmigiano Reggiano e nel Grana Padano la maggiore espressione a livello internazionale" è quanto afferma il Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che "occorre però cogliere l’occasione della trattativa sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), che è un appuntamento determinante anche per tutelare le produzioni agro-alimentari Made in Italy dalla contraffazione alimentare molto diffusa in Usa, che rappresenta il primo mercato di falsificazione del Parmigiano e del Grana. A questa realtà se ne aggiunge una ancora più insidiosa: l’Italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima (latte, carni, olio) dai paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come Made in Italy, senza lasciare traccia sulla reale provenienza attraverso un meccanismo di dumping, che danneggia e incrina il vero Made in Italy, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l‘obbligo di indicare la provenienza in etichetta."