21 Maggio 2015

Etichettatura: 96,5% italiani contrari a rinunciare alla trasparenza

Sono stati diffusi i risultati dei rapporti della Commissione Europea in tema di etichettatura, secondo cui per talune categorie di prodotti alimentari sarebbe meglio optare per un'indicazione volontaria dell’origine, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario. Un parere che riguarda latte, prodotti caseari e altri prodotti trasformati, ma anche le carni di coniglio e di cavallo, che sono stato peraltro oggetto di un recente scandalo proprio per la mancanza di tracciabilità. L'UE andrebbe così contro gli interessi del 96,5% dei consumatori italiani, che ritiene necessario che l’origine degli alimenti debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta.

La posizione della Commissione Europea mostra ancora una volta la volontà di schierarsi a difesa degli interessi delle grandi lobbies industriali, correndo il rischio di porsi in netta contrapposizione a quelli dei cittadini europei (espressi attraverso Eurobarometro) e italiani, che hanno risposto numerosi alla consultazione pubblica online sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf da novembre 2014 a marzo 2015.

Si tratta di un'iniziativa promossa sulla base del regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti, qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole. Non è un caso che secondo la consultazione pubblica online del Ministero:

  • l’89% dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari
  • l’87% per le carni trasformate
  • l’83% per la frutta e verdura trasformata
  • l’81% per la pasta
  • il 78% per il latte a lunga conservazione.

L’indicazione della Commissione Europea è anche contraddittoria rispetto al percorso intrapreso fino ad ora, che ha portato per ultimo all’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal 1 aprile 2015 l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora. Un piccolo passo avanti del cammino iniziato a livello comunitario negli ultimi anni:

  • dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, è diventata obbligatoria l'indicazione di provenienza per la carne bovina
  • dal 2003 è d'obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell'ortofrutta fresca
  • dal 1 gennaio 2004 è stato introdotto il codice di identificazione per le uova
  • a partire dal 1 agosto 2004 vige l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

L’Italia, sotto il pressing della Coldiretti, è all’avanguardia in questo percorso:

  • il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco
  • dal 17 ottobre 2005 è obbligatorio riportare l'origine in etichetta per il pollo Made in Italy, dopo l'epidemia causata dall'influenza aviaria
  • a partire dal 1 gennaio 2008 è entrato in vigore l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

Siamo certi che il Parlamento Europeo saprà smascherare i pesanti condizionamenti delle relazioni della Commissione per testimoniare in aula i reali interessi dei cittadini” ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che “in un difficile momento di crisi bisogna portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza, per dare a tutti la possibilità di fare scelte di acquisto consapevoli e sostenere l’agricoltura e il lavoro delle imprese agricole del territorio”.