24 Febbraio 2018

Efficienza energetica e Agrifood

Gli Stati membri dell’Unione Europea hanno assunto l’obbligo di presentare entro il 2018 il Piano nazionale clima-energia, che deve contenere la definizione degli obiettivi e delle misure al 2030 coerenti con quelli su energia e decarbonizzazione dell’Unione europea (Clean Energy for All European Package) e una proiezione di questi obiettivi al 2050. In Italia è stata recentemente approvata la Strategia Energetica Nazionale (SEN), un primo passo verso il Piano nazionale clima-energia. Lo scenario di decarbonizzazione della SEN sostanzialmente si prefigge di raggiungere al 2030 l’obiettivo vincolante definito dall’Unione Europea in termini di riduzione delle emissioni CO2 climalteranti del 40% rispetto al 1990, ma nulla dice sugli obiettivi al 2050, in verità ancora più sfidanti (nella roadmap europea indicati in una riduzione delle emissioni del 95%).

Molti sostengono (il sottoscritto tra questi) che per poter raggiungere un tale livello di decarbonizzazione occorra prevedere una riduzione più elevata al 2030 in termini di CO2 (del 55%) e questa può essere conseguita solo con azioni contestuali, congiunte ed intersettoriali su tutti i centri di consumo. Un centro di consumo molto rilevante è anche quello dell’agricoltura, che rappresenta attualmente circa il 30 per cento del consumo totale di energia del mondo ed il 22 percento delle emissioni di gas climalteranti totali.  I paesi industrializzati utilizzano una porzione maggiore di questa energia per la lavorazione e il trasporto, tre-quattro volte superiore all’energia usata per la produzione primaria.

Questo significa che occorre necessariamente migliorare l’efficienza energetica per l’intera filiera alimentare, nelle coltivazioni, nell’uso dell’irrigazione e fertilizzanti, nella refrigerazione, nei sistemi di stoccaggio, nei trasporti, nella produzione e nella preparazione del cibo. I consumi di energia nel sistema agricolo-alimentare italiano sono – dopo un lungo trend in diminuzione – in rialzo (oggi intorno a 13 Mtep/anno), con una quota parte dell’energia finale consumata in Italia pari a circa 12%. Anche in questo settore occorre fare di più e soprattutto farlo in maniera organica, soprattutto nel settore alimentare dove si consuma il quasi il doppio di quello agricolo (8 contro 5 Mtep/anno).

I potenziali risparmi energetici del settore sono da considerarsi significativi, con valori del 25% nell’irrigazione, del 70% nella ventilazione degli ambienti industriali e del 20% nella trasformazione agroalimentare, con interventi di efficienza energetica che devono riguardare contestualmente sia la produzione, la trasformazione, la conservazione dei prodotti, la climatizzazione degli ambienti di lavoro. Ma per rendere più strutturale il tema dell’efficienza energetica nel settore agricolo, occorre riferirsi obbligatoriamente al km zero e alla filiera corta come strumenti per ridurre le emissioni e contenere il consumo di fonti fossili.

Infine, l’accesso all’energia prodotta da fonti rinnovabili trova una perfetta integrazione e utilizzazione nei settori dell’agricoltura, dell’acquacoltura, negli impianti di trasformazione dei prodotti e l’energia può essere fonte di introiti supplementari se venduta sul territorio, soprattutto se favorisce lo sfruttamento delle risorse locali, dei residui di biomassa, della produzione e della trasformazione alimentare. L’aumento dell’uso delle fonti rinnovabili è allo stato iniziale nel settore agricolo, e proprio per questo il settore in questo campo si rivela a elevato potenziale, a patto che si potenzino investimenti e ricerca, unitamente allo sviluppo di programmi di istruzione e di disseminazione di buone pratiche. Altro tema da affrontare in modo strutturale è quello della riduzione dello spreco alimentare, rilevante in termini di potenziale riduzione dei consumi energetici dei prodotti alimentari.

A cura di Livio de Santoli, delegato per l’Energia ed Energy Manager di Sapienza Università di Roma