23 Giugno 2016

Cibo Made in Italy, un successo sostenuto anche dal record dell’export

Il fatto che gli unici marchi italiani presenti nella top ten di quelle più influenti operino nell'agroalimentare, conferma il primato del cibo Made in Italy che è l'unico al mondo che conta 4965 prodotti alimentari tradizionali censiti dalle regioni ottenuti secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni; 283 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ma è anche il più green con quasi 50mila aziende agricole biologiche in Europa e la scelta di vietare le coltivazioni ogm a tutela del patrimonio di biodiversità.
E' quanto si afferma nel commentare il risultato dell'indagine The Most Influential Brands realizzata da Ipsos in 21 Paesi, per comprendere l'impatto delle marche sulla nostra vita quotidiana che nella classifica italiana vede riconosciuti come brand più influenti, nell'ordine:

  • Google
  • Amazon
  • Facebook
  • Samsung
  • Nutella
  • Microsoft
  • eBay
  • Apple
  • Parmigiano Reggiano
  • Youtube.

Il successo del cibo Made in Italy, è sostenuto dal record delle esportazioni che hanno raggiunto nel 2015 il massimo storico di 36,9 miliardi, con un aumento del 79% nell'arco dei 10 anni.
Il cibo Made in Italy è anche il primo obiettivo di spesa dei turisti, che in più di sei casi su dieci durante le vacanze in Italia, fanno shopping di cibo. Il food shopping riguarda ben il 62% degli stranieri e batte nettamente negli acquisti i tradizionali souvenir (50%), l'abbigliamento (48%) e l'artigianato (25%), secondo le elaborazioni sullo studio "In viaggio attraverso l'Italia".
Quando si parla di cibo Made in Italy, non si fa riferimento solamente ad un primato di "gusto", ma anche ad un primato di sicurezza: il nostro Paese, infatti, si è portato al vertice della sicurezza alimentare mondiale, grazie al minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,5%), quota più bassa di ben 3 volte rispetto alla media europea di 1,5% e di 12 volte inferiore rispetto alla media del 5,7% dei Paesi extraeuropei.