25 Maggio 2017

Bevande analcoliche, il contenuto di succo d’arancia sale al 20%

Bevande analcoliche in un certo senso più nutrienti: ci sarà infatti più frutta nelle bibite, grazie allo storico via libera comunitario al provvedimento nazionale che innalza dal 12% al 20% il contenuto di succo d’arancia delle bevande prodotte in Italia e vendute con il nome dell’arancia a succo o recanti denominazioni che, a tale agrume, si richiamino. E' stato finalmente annunciato lo stop alle aranciate senza arance a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 24 maggio della Comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con cui si rende noto che si è perfezionata positivamente la procedura di notifica alla Commissione Europea dell’articolo 17 della legge n. 161 del 2014.

L’innalzamento del contenuto di succo d’arancia, modifica una norma del 1958 e mira a tutelare la salute dei consumatori adeguandosi ad un contesto programmatico europeo che tende a promuovere un' alimentazione più sana e a diffondere corretti stili alimentari. Alcuni studi hanno posto in evidenza che una bevanda con il 20% di succo di arancia aiuti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina C raccomandato dalle diverse Accademie scientifiche e la sua assunzione veicola un variegato mix di sostanze fitochimiche che possono incidere positivamente sulle difese del sistema immunitario. Con la nuova norma si contribuisce, inoltre, ad offrire il giusto riconoscimento alle bevande di maggior qualità, riducendo l’utilizzo di aromi artificiali e soprattutto di zucchero, la cui elevata concentrazione potrebbe essere utilizzata per sopperire alla minore qualità dei prodotti.

Non bisogna dimenticare anche l'impatto economico sulle imprese agricole, perché l'aumento della percentuale di frutta nelle bevande analcoliche potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani, con una estensione equivalente a circa ventimila campi da calcio, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria. L’aumento della percentuale del contenuto minimo di frutta al 20%, corrisponde all’utilizzo di 200 milioni di chili in più di arance all’anno, con effetti anche dal punto di vista paesaggistico in una situazione in cui una pianta di arance su tre (pari al 31%) è scomparsa in Italia negli ultimi quindici anni. “Un trend drammatico che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori”, ha affermato il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “con la pubblicazione in Gazzetta, inizia un percorso di adeguamento, che alcune importanti aziende produttrici hanno già intrapreso, che dovrà concludersi obbligatoriamente per tutti entro il 6 marzo 2018. Il prossimo passo verso la trasparenza, sarà quello di rendere obbligatoria l’indicazione di origine in etichetta della frutta utilizzata nelle bevande, per impedire di spacciare come Made in Italy,  succhi concentrati importati da Paesi lontani.