16 Gennaio 2015

Agromafie: Expo 2015 boomerang su Made in Italy, falsi per oltre 60mld

Il III Rapporto Agromafie (elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare) lancia l’allarme sul rischio di un effetto boomerang sul Made in Italy in occasione del tanto atteso Expo 2015.
Si prevede infatti l’invasione di migliaia di tonnellate di prodotti alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, sono commercializzati e spacciati per eccellenze italiane, per un valore che potrebbe superare i 60 miliardi di euro.
Finora l’attenzione è stata posta sul problema delle infiltrazioni criminali di Expo 2015 in termini di appalti truccati, tangenti e intollerabili ritardi, senza affrontare la questione della contraffazione agroalimentare.

L’evento dedicato a nutrire il pianeta, oltre a rappresentare un’eccezionale opportunità per la visibilità del Made in Italy, rischia infatti di essere preso di mira da organizzazioni criminali nazionali e transnazionali, in grado di movimentare nel giro di pochi secondi ingentissime risorse finanziarie, derivanti da traffici illeciti planetari di ogni tipo e natura, e tra questi anche il commercio illegale di alimenti.
È importante che questa straordinaria occasione di valorizzazione del Made in Italy agroalimentare rappresentata dall’Expo 2015, sia accompagnata da misure per rafforzare controlli, tutela e contrasto alle agromafie e ai reati agroalimentari”. È quanto affermato da Roberto Moncalvo nell’apprezzare gli impegni annunciati dagli esponenti di Governo che hanno partecipato alla presentazione del III rapporto Agromafie 2015.

Un pericolo che va dunque affrontato con stringenti misure di controllo, rafforzando le attività di supervisione sui flussi commerciali e rendendo maggiormente chiare e trasparenti le informazioni in etichetta, in particolare sulla reale provenienza degli alimenti.
La conferma della diffusione dell’agromafia viene dalle decine d’inchieste giudiziarie, che hanno portato alla luce numerosi casi di contraffazione del Made in Italy:

  • limoni sudamericani commercializzati come limoni della penisola sorrentina
  • agrumi nordafricani che si trasformano in agrumi siciliani e calabresi
  • cagliate del Nord Europa utilizzate per la produzione di mozzarella italiana, spacciata per originale mozzarella di bufala
  • grano proveniente dal Canada che entra attraverso i porti pugliesi e diventa puro grano della Murgia, da cui si produce il rinomato pane di Altamura.

Per non parlare poi di quello che succede con l’olio e con il pomodoro.
Tonnellate e tonnellate di olio provenienti da Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna entrano nel nostro Paese per essere miscelate allo straordinario olio extravergine d’oliva italiano. Così facendo si raddoppiano illegalmente i profitti di speculatori e contraffattori, collocando sul mercato milioni di bottiglie di oro verde, che sulle etichette viene riportato di origine italiana e spacciato fraudolentemente per Made in Italy.
Ma incredibili sono state le cronache giudiziarie dell’ultimissimo periodo, che hanno avuto come protagonista la catena di supermercati inglesi Harrod’s. Su richiesta delle autorità italiane, le autorità inglesi hanno sequestrato ed eliminato dai punti vendita Harrod’s migliaia di bottiglie di un olio denominato Tuscan Extravirgin Olive oil: un clamoroso falso Made in Italy, che di italiano e toscano, al di là delle allusioni in etichetta al Bel Paese, non aveva assolutamente nulla.

Ancora più incredibile e inquietante è quanto accade intorno al mercato illegale del pomodoro.
Durante la scorsa magistratura, negli atti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione, si è evidenziato un imponente traffico di contraffazione che riguarda milioni di tonnellate di pomodori provenienti dalla Cina, successivamente trasformati in prodotti da conserva e venduti in barattoli riportanti il tricolore italiano.
Ed è bene che si sappia – concludono Coldiretti, Eurispes e Osservatorio Criminalità nell’Agroalimentare - che questi pomodori cinesi sono coltivati e prodotti nei laogai, veri e propri campi di concentramento nei quali sono ammassati decine di migliaia di detenuti politici, dissidenti, piccoli criminali, soggetti ostili al regime, costretti a lavorare fino a 18 ore al giorno.